In viaggio con mia figlia,
Francesca
Io non ci volevo andare in Giappone. Non sapevo nemmeno dove fosse posizionato sul mappamondo. Non sono mai stata affascinata dall’Oriente, sono una persona pratica, io, per nulla zen. Nemmeno il sushi mi piaceva poi così tanto. Al contrario, Francesca, cresciuta a pane e manga, ha sviluppato una passione ed una grande curiosità per questa nazione, per la sua cultura, per lo spirito che anima il suo popolo. È così che mi è capitato di viaggiare per ben due volte nel giro di pochi anni verso questa meta lontana, che mi ha sorpreso e conquistato. La prima volta siamo andate solo a Tokyo. Durata del viaggio: una settimana, il tempo minimo a mio avviso per visitare almeno le attrazioni principali di questa straordinaria città. La seconda volta, in 10 giorni abbiamo messo a ferro e fuoco il resto del Giappone: Kyoto, Hakone, Hiroshima, Miyajima, Osaka, Nara… ogni giorno una città diversa, viaggiando con ogni mezzo di trasporto: treno, pullman, traghetto, taxi… Orbene: non starò ad annoiarvi con particolari e descrizioni dei siti turistici, che tutti possono leggere sulle guide in modo sicuramente più esaustivo. Preferisco raccontarvi le tre cose che mi hanno affascinato di più.
1) In assoluto: il cibo. Se il sushi non mi aveva mai fatto impazzire, forse era perché non ne avevo mai mangiato di così buono. Il sashimi di Otoro, la parte del tonno più ricca di grassi, ribattezzato da me e Franci “il tonno ciccione”, si scioglie in bocca come burro, rivelando un sapore dolce sorprendente. Il sushi è tuttavia solo una piccola parte dell’universo gastronomico giapponese. La carne di manzo wagyu, in primis quella di Kobe, una città non lontana da Osaka, è un’altra eccellenza culinaria giapponese, ancora poco conosciuta nel resto del mondo, sicuramente a causa del prezzo elevato. È una carne rossa, marmorizzata di grasso che le conferisce una scioglievolezza ed un sapore davvero unici. Stupefacenti la cura dei dettagli e il gusto per l’impiattamento artistico: ad Hakone abbiamo degustato una tipica cena Kaiseki, con tantissime portate servite su delicate porcellane dipinte, una gioia per gli occhi oltre che per il palato. Bizzarro ma altrettanto buono lo street food: spiedini di ogni parte del pollo (cartilagini, cuore, pelle….!), le polpette di polpo tipiche di Osaka, il melon pan, un dolce soffice e profumato di vaniglia…
2) I giapponesi! Ho sempre pensato a questa popolazione come a persone eccessivamente serie, troppo rispettose di rigide regole di comportamento: lo stare tutti in fila come soldatini per prendere il treno, il rispetto maniacale degli orari, i continui inchini ossequiosi, rappresentati nei film in maniera spesso caricaturale. Ho trovato invece persone allegre, disponibili, accoglienti, curiose e ben disposte verso noi italiane. Le ragazzine hanno una risata squillante e coinvolgente che ricorda Heidi, Candy Candy e gli altri personaggi dei cartoni animati. I colletti bianchi, tutti trafelati nella metro superaffollata all’ora di punta, interrompono le loro corse per accompagnarti fino al tuo binario, se ti vedono in difficoltà. In pochi parlano l’inglese, nessuno parla italiano, eppure tutti si sforzano di comprendere le tue esigenze e di risolverti i problemi. Dappertutto incontri civiltà, sicurezza, cortesia squisita, che ti fa sentire accolta e a tuo agio, anche se ti trovi dall’altra parte del pianeta.
3) Il contrasto tra modernità e tradizione. Hai appena visitato un santuario shintoista, immerso nella pace e nel profumo di incenso dove il tempo sembra essersi fermato diversi secoli fa, e, svoltato l’angolo, ti trovi ad attraversare la strada più trafficata del mondo, circondato da grattacieli e da mega schermi come nel film Blade Runner. Ti incanti a contemplare la magia dei ciliegi in fiore nel silenzio di un parco cittadino, e l’attimo dopo ti ritrovi in un negozio di videogiochi, assordato e accecato da mille luci abbaglianti.
Cosa ne dite, ragazze? Partiamo?